Soffri di fibromialgia e i dolori non ti danno tregua nonostante le terapie?
Continua a leggere, scopri come potremmo aiutarti!
La fibromialgia, o sindrome fibromialgica, è una sindrome a carattere reumatico a genesi idiopatica e/o multifattoriale, che porta con sé un corollario di sintomi dolorosi a livello del sistema muscolare, osseo e articolare.
Il dolore è solitamente cronico e, talvolta, migrante, con aumentata tensione muscolare.
Può essere associato anche a rigidità diffusa, spasmi, astenia, affaticabilità, disturbi del sonno e del tono dell’umore.
I soggetti più colpiti sono le donne in età adulta.
Come anticipato, l’eziologia è ignota: si pensa che questa sindrome derivi da un mix tra fattori genetici, ambientali, lavorativi e psicologici.
Per fare diagnosi di fibromialgia, è necessario escludere la presenza di patologie neurologiche, immunologiche / reumatologiche, scheletriche e/o muscolari.
E’ necessario inoltre che il dolore sia presente da almeno 3 mesi e siano dolorabili alla palpazione almeno 11 dei 18 “tender points” o “punti chiave”, che nello specifico si trovano: 4 nella regione anteriore del collo, 4 dietro l’articolazione scapolo-omerale, 2 all’altezza del cervelletto, 2 all’altezza dei gomiti, 2 all’altezza dell’articolazione femoro-rotulea, 2 superiormente al gluteo e gli ultimi 2 nella porzione glutea inferiore, in regione peritrocanterica.
La terapia standard che viene prescritta a chi soffre di fibromialgia prevede l’utilizzo di farmaci analgesici / antinfiammatori non steroidei (FANS), miorilassanti centrali o ansiolitici con effetto miorilassante, antidepressivi, oppiacei, antiepilettici e antiparkinsoniani.
Tuttavia, spesso questa terapia non è sufficiente a garantire una buona analgesia ed una buona qualità della vita; per questo, molti pazienti che soffrono di fibromialgia si rassegnano all’impossibilità di avere sollievo dal loro continuo ed incessante dolore.
Se ti riconosci in queste sensazioni, o riconosci qualcuno dei tuoi cari, continua a leggere: le tue opzioni non sono finite!
Potrebbe esserci infatti una via d’uscita: molti di questi pazienti riescono ad avere sollievo dal dolore grazie alla cannabis terapeutica!
Ebbene sì, hai letto bene: la cannabis è una pianta terapeutica.
Anzi, io definirei la Cannabis Terapeutica La Pianta Terapeutica per eccellenza.
Perché? Te lo spiego subito!
Il nostro corpo è dotato di un proprio sistema endocannabinoide (dall’inglese ECS – EndoCannabinoid System), regolato dai cannabinoidi endogeni, ossia quelli già presenti al suo interno. Questi si legano a due tipi di recettori: i recettori CB1, presenti principalmente sulle vie nervose (sia centrali che periferiche) del dolore, e i recettori CB2, localizzati principalmente sul sistema nervoso periferico, sui tessuti periferici del sistema immunitario (milza, tonsille e timo) e sul sistema gastrointestinale.
La Cannabis Terapeutica ha al suo interno moltissime molecole biologicamente attive: fitocannabinoidi, terpeni, flavonoidi e terpenoidi.
Tra i diversi fitocannabinoidi presenti, troviamo il THC (delta 9-tetraidrocannabinolo) ed il CBD (cannabidiolo).
Il THC si lega ai recettori CB1; il CBD, oltre a legarsi ai recettori CB2, smorza il legame del THC ai recettori CB1.
Molto bella e interessante tutta questa biochimica, vero?
Ma, a livello pratico, cosa comporta?
Il THC ha un potentissimo effetto antidolorifico, e non solo; è anche un ottimo:
- ipnoinduttore, ossia favorisce il sonno;
- antiemetico, ovvero antivomito;
- oressizzante, ossia favorisce la fame;
- antinfiammatorio.
La sua assunzione inoltre provoca il cosiddetto “high”, ovvero l’effetto psicotropo connesso all’uso ricreazionale della cannabis.
Il CBD invece ha effetto:
- ansiolitico;
- anticonvulsivante;
- antipsicotico.
Esso inoltre, legandosi anche al recettore CB1, smorza l’effetto “high” dato dal THC; per questo è fondamentale che la cannabis terapeutica sia prescritta da un medico esperto in materia, che sappia dosare ed equilibrare i due principi attivi per ottenere l’effetto terapeutico desiderato senza incorrere nell’effetto psicotropo.
E’ inoltre importante sottolineare che questi due fitocannabinoidi possono esercitare il loro effetto benefico solo se assunti nell’integrità della pianta stessa.
Oltre che tra di loro, infatti, lavorano di concerto insieme agli altri fitocannabinoidi, ai terpeni e ai flavonoidi presenti nella pianta di cannabis, creando ciò che in gergo botanico viene chiamato “effetto entourage”: non è la singola molecola che permette alla pianta di essere benefica, ma lo è l’insieme dei composti in essa contenuti.
Per esempio, i terpeni hanno effetti antinfiammatori, analgesici e modulanti il tono dell’umore.
L’assunzione della cannabis terapeutica prevede due diverse modalità: tramite vaporizzazione delle infiorescenze essiccate o tramite assunzione sublinguale dell’olio contenente l’estratto delle infiorescenze stesse.
Le infiorescenze vanno vaporizzate, facendo attenzione a non bruciarle.
Ti spiego il perché: con la vaporizzazione, l’infiorescenza tritata viene surriscaldata ad una temperatura che va da un minimo di 180° ad un massimo di 230°, modulabile dal paziente.
Grazie al mantenimento di queste temperature controllate, si estrae la totalità dei fitocannabinoidi e tutto il profilo terpenico associato (ogni singolo terpene ha una sua temperatura di estrazione), grazie al solo surriscaldamento dell’infiorescenza stessa.
Con la combustione, invece, che avviene a temperature comprese tra gli 830° e gli 880°, si rischierebbe la distruzione di circa il 70% dei fitocannabinoidi e del profilo terpenico, oltre alla dannosa inalazione delle scorie di combustione.
Il vaporizzatore esiste sotto forma di dispositivo portatile, delle dimensioni di un evidenziatore, o di dispositivo fisso, di dimensioni ovviamente più generose.
L’alternativa alla vaporizzazione è l’apposizione sotto la lingua, tramite contagocce, di olio contenente al suo interno il concentrato di un certo numero di grammi di infiorescenza (estratto tramite specifiche procedure laboratoristiche galeniche).
Il veicolo del principio attivo può essere olio di oliva, di nocciolo, o altri preparati costituiti da trigliceridi a catena media.
Se da un lato la vaporizzazione porta il paziente a intraprendere non solo un’esperienza di cura ma anche una esperienza gustativo-olfattiva, l’assunzione di gocce invece permette di calibrare con più precisione la quantità di principio attivo assunto.
Come ho anticipato sopra, la fibromialgia è una patologia che risponde molto bene alla terapia con cannabis terapeutica, e non è l’unica!
Una volta stabilito il protocollo terapeutico, il medico esperto emette regolare ricetta medica, che deve esplicitare il tipo di preparazione a base di cannabis terapeutica ed il rispettivo dosaggio; la ricetta può essere presentata alle farmacie galeniche che si occupano della vendita e della preparazione di cannabis terapeutica.
Ricorda: sia l’infiorescenza che l’olio sono considerati veri e propri farmaci!
Le varietà di cannabis terapeutica sono prevalentemente di provenienza olandese o canadese, le linee genetiche dei semi sono sottoposte a stretti controlli e, una volta preparato il prodotto galenico, questo viene spedito dalla stessa farmacia galenica presso i laboratori universitari di riferimento per essere analizzato, in modo da assicurare al paziente il massimo standard di purezza e titolazione del principio attivo.
Come anticipato prima, la fibromialgia non è l’unica patologia che può essere trattata con successo grazie alla cannabis terapeutica.
I pazienti che soffrono d’insonnia infatti, grazie alla cannabis terapeutica, sperimentano una minore latenza nell’addormentamento, una migliore qualità del sonno e una riduzione delle alterazioni durante le diverse fasi del sonno.
La cannabis terapeutica riesce ad agire anche su diversi tipi di dolore, modulandolo e riducendone l’intensità:
parliamo ad esempio di dolore oncologico, di dolore post-traumatico, di dolori legati alla sfera ortopedica e di dolori legati alle patologie immunologiche-reumatiche. Spesso, per questi pazienti, il dolore diventa davvero invalidante e non responsivo alle diverse classi di analgesici: la cannabis terapeutica può rappresentare l’unica soluzione per controllarlo.
Molto spesso i pazienti oncologici soffrono, a causa delle pesanti cure che devono purtroppo affrontare, di nausea, vomito e inappetenza. La cannabis terapeutica permette di ridurre questa sintomatologia e di aumentare il senso di fame, rendendo le cure più sostenibili.
Come hai potuto leggere da queste poche righe, la cannabis terapeutica permette di migliorare diverse condizioni patologiche.
Presso il Centro Medico Forma Sana io, da medico prescrittore di cannabis terapeutica, seguo diversi pazienti che traggono quotidianamente enorme beneficio da questa pianta.
Se ti sei ritrovato in una o più delle situazioni descritte, contattaci per prenotare la tua visita di Medicina del Dolore, e troviamo insieme la strada giusta per dare sollievo ai tuoi sintomi!
Dott. Pietro Carlomagno
Medico Chirurgo