Con lo stile di vita e le abitudini, cambiano anche le patologie più comuni.
In passato, infatti, le malattie infettive erano tra le cause più frequenti di morte (e lo sono ancora in alcune parti del mondo); al contrario, oggi, nei Paesi Occidentali, la mortalità per malattie infettive è drasticamente diminuita.
Tuttavia, come è vero che oggi viviamo di più, e viviamo meglio, è anche vero che ci ritroviamo sempre più spesso a fare i conti con le cosiddette “patologie del benessere”, ossia quelle patologie causate o concausate da uno scorretto stile di vita, come ad esempio sindrome metabolica ed obesità, e con le patologie legate all’età avanzata, come l’osteoporosi.
Diventa quindi necessario cambiare la visione di ciò che possiamo definire “sano”: non possiamo più guardare solo a ciò che ci fa stare bene nel presente o nell’immediato futuro, ma dobbiamo ragionare anche sul lungo termine.
Per farlo, abbiamo a disposizione un gran numero di strumenti.
Lo strumento su cui voglio soffermarmi in questo articolo ha alle sue spalle innumerevoli studi scientifici, che ne dimostrano la grande efficacia sia in termini di prevenzione che in termini di terapia (da solo o, più spesso, in combinazione con protocolli terapeutici complessi): l’esercizio fisico.
Innanzitutto, è bene partire da una definizione: la differenza tra “attività fisica ed “esercizio fisico”.
L’attività fisica comprende qualsiasi tipo di attività motoria.
Per esercizio fisico si intende invece l’attività fisica pianificata, strutturata ed eseguita con regolarità.
L’esercizio fisico, esattamente come un farmaco, quando utilizzato come strumento terapeutico deve essere prescritto da un medico esperto sulla base delle caratteristiche cliniche ed individuali del paziente, indicando la tipologia di esercizio da svolgere, l’intensità, la frequenza, la durata e la progressione.
Sicuramente saprai che, seguendo un adeguato protocollo personalizzato, come quelli che elaboriamo presso il Centro Medico Forma Sana per i nostri pazienti, potrai ottenere un miglioramento a livello della tua massa muscolare.
In particolare, noterai un progressivo incremento del tono e del trofismo muscolare, con un notevole risultato estetico: anche a parità di massa grassa, le forme del tuo corpo cambieranno.
Dal punto di vista neurale, otterrai inoltre un miglioramento della forza e della contrazione muscolare, oltre che della stabilità e della coordinazione architetturale del tuo corpo: perfezionerai la tua postura, sia in posizione statica che durante il movimento, e i tuoi riflessi.
Secondo i più recenti studi di biochimica, quando uno o più muscoli si contraggono, rilasciano irisina, un ormone che ha due target: la cellula adiposa (adipocita) e la cellula ossea (osteocita).
L’osteocita, quando stimolato dall’irisina, prolifera.
Si ottiene così un aumento della densità ossea.
Inoltre, l’applicazione di un carico meccanico, come quello che utilizziamo quando pratichiamo esercizio fisico contro resistenza (allenamento anaerobico, con i pesi o a corpo libero), stimola direttamente la formazione di nuovo tessuto osseo.
La sinergia di questi due effetti rende quindi l’allenamento con sovraccarichi un potentissimo strumento di prevenzione e terapia per l’osteoporosi.
L’osteoporosi è infatti una patologia caratterizzata da una ridotta densità del tessuto osseo, che lo rende più fragile.
E’ una delle malattie attualmente più impattanti dal punto di vista epidemiologico, in particolare negli anziani e nelle donne in età post-menopausale.
Con la fragilità ossea infatti aumenta proporzionalmente anche il rischio di fratture patologiche, in particolar modo di vertebre, collo del femore e omero.
Le fratture patologiche, per essere curate, richiedono spesso l’ospedalizzazione.
L’ospedalizzazione è un importante fattore di rischio per gli anziani, in quanto il sistema immunitario perde progressivamente di efficienza con l’avanzare dell’età; il paziente anziano, quando ospedalizzato, rischia quindi gravi complicazioni per infezioni che invece, in soggetti perfettamente immunocompetenti, risulterebbero facilmente curabili.
Come precedentemente accennato, l’irisina ha come target anche l’adipocita, e quindi il tessuto adiposo.
Nel corpo umano possiamo trovare due tipi di tessuto adiposo: il tessuto adiposo bianco e il tessuto adiposo bruno.
Il tessuto adiposo bruno è molto abbondante nei neonati e diminuisce progressivamente con la crescita.
La sua funzione principale consiste nel produrre calore in risposta alle basse temperature: in termini tecnici, si parla di termogenesi indotta dal freddo.
L’irisina si è dimostrata in grado di stimolare la trasformazione dei precursori degli adipociti bianchi, quelli prevalenti negli adulti e privi di tale funzione termogenica, in adipociti bruni, attraverso un processo definito “browning”.
La trasformazione di tessuto adiposo bianco in tessuto adiposo bruno, grazie alla funzione espletata da quest’ultimo, determina un sensibile incremento del dispendio energetico.
Inoltre, essendo il tessuto muscolare metabolicamente attivo, permette di bruciare acidi grassi a riposo. L’organello che permette questo processo è il mitocondrio, la cui densità aumenta proporzionalmente alla massa magra del soggetto.
L’aumento della massa muscolare determina quindi un aumento del dispendio energetico, anche a riposo.
I nutrienti introdotti tramite il cibo vengono primariamente veicolati agli organi nobili (cuore, cervello, reni, fegato) per il loro supporto energetico. La parte restante, ritrovandosi “vagante” nel sangue, ha due possibilità: essere accolta nel tenero abbraccio dell’adipocita, andando quindi a costituire nuove riserve energetiche (accumuli di grasso, per intenderci), oppure arrivare nelle grinfie fameliche ossidative del miocita (unione di cellule formanti una fibra muscolare), che lo utilizza immediatamente come fonte di energia.
Il miocita risulta essere quindi il principale rivale dell’adipocita nella captazione di nutrienti dal circolo sanguigno: se è presente una buona massa muscolare, le cellule muscolari utilizzeranno la maggior parte dei nutrienti.
I miociti presentano, sulla propria membrana cellulare, dei canali, chiamati GLUT-4, che permettono l’ingresso al proprio interno del glucosio presente nel circolo ematico. alla cellula, ed hanno una particolarità: sono insulino-dipendenti.
Dopo che è avvenuta la digestione dei carboidrati introdotti con la dieta, si alza la glicemia, ossia il glucosio nel sangue.
Ciò induce il rilascio, da parte del pancreas, di insulina, ormone ipoglicemizzante e anticatabolico, che, dopo il pasto, si lega ai GLUT-4. L’insulina è quindi la chiave per la serratura che apre le porte del miocita, ossia i canali GLUT-4.
Più è alto il numero di fibre muscolari, maggiore è il sequestro del glucosio dal torrente ematico. Ed è con questo “trucchetto” che il muscolo sequestra il glucosio dall’invitante abbraccio dell’adipocita.
L’esercizio fisico è quindi in grado di migliorare la sensibilità insulinica: si rivela così essere un ottimo alleato nella prevenzione di una delle malattie metaboliche più diffuse, il diabete di tipo II.
Secondo uno studio effettuato dalla facoltà di Scienze Motorie dell’Università della Georgia, con soli 20 minuti di allenamento con i pesi si è riscontrata una facilitazione dei processi di elaborazione delle informazioni e della memoria: l’esercizio fisico ha anche straordinari effetti benefici sul funzionamento cerebrale!
Inoltre, esso permette di migliorare il tono dell’umore, svolgendo una vera e propria azione antidepressiva, e di ristabilire la regolarità dei cicli NREM-REM durante la notte, migliorando la qualità e quantità del sonno; questo è fondamentale per il mantenimento della salute sia del nostro corpo che del nostro sistema nervoso.
Potenziando i collegamenti tra i neuroni, detti sinapsi, l’esercizio fisico permette anche di migliorare la funzione esecutiva e decisionale.
Il potenziamento delle sinapsi è sinonimo di plasticità neuronale, che a sua volta, per il cervello, è sinonimo di longevità: la creazione di nuovi collegamenti tra i neuroni ha un vero e proprio effetto anti-aging, e costituisce un fattore protettivo per diversi tipi di demenza!
Viene inoltre potenziata la via neurale di conduzione degli impulsi, che viene attivata ogni volta che emerge la necessità di contrarre un muscolo. Se questa viene sfruttata con costanza, ne vengono garantite l’efficienza e la regolare funzionalità.
In chi pratica regolarmente esercizio fisico si riscontrano anche un sensibile abbassamento della pressione arteriosa ed un notevole miglioramento della circolazione sanguigna. Questi due effetti, sinergicamente, riducono il rischio di demenza, ictus cerebrale e infarto.
Anche il sistema respiratorio trae beneficio dall’attività fisica regolare, in quanto essa potenzia la capacità di scambio di gas nei polmoni e con i tessuti periferici.
Se vuoi provare tutti questi benefici su di te, prenota la tua visita di Medicina dell’Esercizio Fisico!
Dott.ssa Alessandra Patti
Medicina dell’Esercizio Fisico
Membro dell’American College of Sports Medicine